È un fatto che gli attuali ordinamenti nazionali non siano adeguati a modelli di business innovativi, spesso caratterizzati da una presenza fisica sul territorio minima o inesistente. Qualcosa però si è mosso: lo scorso 21 marzo, la Commissione Europea ha proposto un nuovo sistema di tassazione delle attività delle imprese digitali.
Quello odierno, infatti, è basato sulla presenza fisica di un’impresa sul territorio di uno Stato Membro, un paradigma che non rispecchia l’evoluzione dell’economia e la realtà odierna.
Come dimostrano i dati pubblicati dalla Commissione, sono proprio le imprese dell’economia digitale a registrare il più alto tasso di crescita negli ultimi anni: +14% all’anno contro una crescita compresa tra lo 0.2% e il 3% all’anno di quelle tradizionali, un “successo” che però non trova riscontro nella pressione fiscale, quasi dimezzata rispetto alle imprese tradizionali (9,5% per le imprese digitali rispetto al 23,2% per le imprese tradizionali).
“La digitalizzazione offre innumerevoli benefici e opportunità” ha affermato Valdis Dombrovskis, Vicepresidente della Commissione responsabile per l’Euro e il dialogo sociale “ma rende anche necessario adeguare le norme e i sistemi tradizionali. La nostra preferenza andrebbe a norme convenute a livello mondiale, anche in ambito OCSE. Tuttavia, l’importo degli utili attualmente non tassati è inaccettabile. Dobbiamo adeguare con urgenza la nostra normativa fiscale al 21º secolo mettendo in atto una nuova soluzione globale e adatta alle esigenze future.”
Quali sono dunque le proposte dalla Commissione?
La prima riguarda una revisione strutturale delle norme in materia di imposta sulle società, in modo tale da tassare gli utili laddove le imprese hanno un’interazione significativa con gli utenti attraverso i canali digitali.
La seconda riguarda invece un’imposta temporanea da prelevare sulle principali attività digitali.
La prima proposta permetterebbe agli Stati Membri di tassare gli utili generati sul loro territorio anche nel caso in cui l’impresa non sia presente. Ma che cosa si intende per “presenza digitale”?
Secondo la proposta, una piattaforma digitale avrà una “presenza digitale” imponibile o una stabile organizzazione virtuale qualora raggiunga una delle seguenti soglie:
- i ricavi annui in uno Stato Membro siano maggiori di 7 milioni di euro;
- gli utenti in uno Stato Membro siano più di 100.000 nell’ambito di un singolo esercizio fiscale;
- i contratti commerciali per servizi digitali stipulati tra impresa e utenti aziendali in un esercizio fiscale siano più di 3.000.
In questo modo sarà anche possibile correggere i meccanismi di attribuzione degli utili tra gli Stati Membri.
La seconda proposta è volta ad introdurre un’imposta indiretta temporanea con una aliquota che si aggirerà probabilmente intorno al 3%. L’imposta verrà riscossa direttamente dagli Stati Membri in cui si trovano gli utenti soltanto nei confronti delle imprese con ricavi annui complessivi a livello mondiale e nell’Unione rispettivamente di 750 milioni di euro e di almeno 50 milioni di euro.
Ad essere colpiti dall’imposta saranno in particolare:
- i ricavi derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari online;
- i ricavi derivanti dalle attività di intermediazione digitale volte a permettere o facilitare l’interazione tra utenti e la vendita di beni e servizi tra di essi;
- i ricavi derivanti dalla vendita di dati generati da informazioni fornite dagli utenti.
Un passo avanti per disporre di strumenti adeguati di tassazione delle nuove imprese dell’economia digitale e colmare il gap tra gli attuali sistemi fiscali degli Stati Membri è stato fatto.
Le proposte della Commissione sono ora nelle mani del Consiglio per l’adozione e del Parlamento europeo per le consultazioni: non ci resta che aspettare gli esiti.